Il fascino di sentirsi poveri 💸
Mentre i poveri fingendosi ricchi si alzano i prezzi, i ricchi fingendosi poveri sfruttano la cultura urbana. Sei d'accordo?
Soundtrack: Willie Peyote - Grazie ma no grazie (Ascoltala prima/dopo aver letto)
🗣️ “Siamo tutt* complici di questo decadimento“
La Fashion Week di Milano è ancora in corso e ogni anno diventa sempre più ricca, potente, fatiscente, attirando sempre più persone da tutto il mondo. Non solo veri appassionati, ma anche cantanti, creator e influencer di ogni genere.
Una sfilata, però, ha catturato la mia attenzione mettendo in scena un’installazione di forte impatto, definita come mastodontica, ma che ad un occhio più attento risulta essere un’operazione di marketing ben studiata e, soprattutto, l’ennesimo caso (o meglio tentativo) di appropriazione culturale da parte di un brand di lusso. Si tratta di una struttura gonfiabile presentata in uno show del 2023, rielaborata e coperta da graffiti per celebrare la street culture.
L’idea di ricreare un ambiente “urban” utilizzando la graffiti art può sembrare audace, ma non è affatto innovativa, visto che già qualcosa di simile era successo nel 2018 (grazie a Saetta per avermelo ricordato). Quindi, la vera domanda è: perché riproporre un’idea del genere, per di più senza particolare cura?
Ci troviamo davanti ad una situazione che mi ricorda un video che ho girato qualche mese fa, in cui parlavo di come spesso desideriamo ciò che non abbiamo; ed il lusso non fa eccezione (puoi trovare il video a fine newsletter).
La ribellione esercita un fascino irresistibile su certe élite, un’attrazione quasi magnetica per tutto ciò che è illegale, trasgressivo, a me piace usare il termine “contro”. Ma è un gioco sicuro, controllato, che non rompe mai davvero gli schemi. Le persone vogliono vestirsi da ribelli, mostrarsi così, senza però mai sporcarsi davvero le mani. Ed il lusso cosa fa? Fa quello che sa fare meglio: prende le sottoculture che mettono in discussione il sistema, le addomestica, le impacchetta e le rivende. L’estetica urbana e di strada viene sterilizzata, ripulita e resa commerciabile, svuotata del suo significato originario per essere poi esibita in passerella come simbolo di autenticità. Nel gergo si direbbe “real”, ma qui di realness non c’è traccia.
Dobbiamo renderci conto che la cultura del writing nasce e si evolve come voce delle periferie, come mezzo per farsi riconoscere ed esprimere la propria esistenza. Prendere e utilizzare questa arte come contorno ad un prodotto di lusso accessibile solo a poch* elett* non solo ne distorce il messaggio originario, ma ne banalizza totalmente l’essenza.
Poi c’è la favola dei “7000 writer”. Davvero qualcuno può credere che fossero tutti artisti del settore? Non metto in dubbio che qualche vero writer ci sia stato, ma il 90% erano quasi certamente studenti universitari non pagati, convinti di far parte di qualcosa di più grande e probabilmente alla prima esperienza con uno spray in mano. Il resto era probabilmente composto da artisti urbani, oggi classificati come street artist, che magari conoscono poco della cultura dei graffiti ma che ogni tanto scrivono sui muri. (Grazie a Cupydo per le fonti)
Usare il termine writer per descrivere chiunque abbia impugnato una bomboletta in questa operazione è la seconda appropriazione culturale: non basta adottare un certo linguaggio per rendere autentico un fenomeno.
Come detto sopra, non è una strategia nuova, ma una strategia consolidata e ciclica. Non sono contrario alle contaminazioni artistiche, anzi, ben vengano, ma è importante smascherare quando queste si trasformano nella svendita di una cultura con radici profonde, con un forte senso di appartenenza e che spesso ha espresso un rifiuto per la società contemporanea e capitalista.
“Siamo tutti complici di questo decadimento culturale”
Le parole di DUMBO, condivise sui social e poi forse cancellate, mi hanno fatto riflettere. Non ha tutti i torti. Guardiamo, commentiamo, ci indigniamo, ma alla fine partecipiamo sempre, in un modo o nell'altro, a queste dinamiche. A volte lo facciamo inconsciamente, ma accade: la società in cui viviamo ci porta spesso a spegnere il cervello e a non accorgerci di ciò che stiamo facendo, poiché non abbiamo una visione dall’esterno.
La consapevolezza è il primo passo per migliorare: non possiamo evitare che il sistema si appropri di tutto, lo mastichi e lo risputi fuori rielaborato a proprio vantaggio, ma possiamo ancora scegliere da che parte stare.
Non dico che dovremmo stare sempre dalla stessa parte, ma che, qualche volta, dovremmo cambiare prospettiva per guardare le cose da un altro punto di vista.
Io non sono un writer e mai lo sarò, però mi impegno per svelare e decifrare queste dinamiche in cui le strategie di marketing cercano subdolamente di appannarci la vista sostenendo di supportare la cultura urbana dei graffiti quando in realtà la stanno snaturando e sfruttando per venderci un prodotto di cui, probabilmente, non abbiamo bisogno.
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📹 YouTube
Finalmente a distanza di circa 6 mesi dalla registrazione ho trovato la forza mentale, ed il tempo, di montare e pubblicare il video su Stornara. Si tratta di uno dei video che mi ha richiesto più impegno: non è stato facile riassumere tutto quanto in solo 10 minuti, ma sono contento che il risultato sia piaciuto soprattutto a chi organizza il festival Stramurales!
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💡 Idee e tempo libero
La mia amicissima Giulia ha pubblicato un nuovo video sul suo canale in cui ci racconta la sua esperienza al Blind Walls Film Fest: un argomento interessante se vuoi approfondire su tematiche che ruota attorno alla cultura urbana. Ogni volta provo della sana invidia (difficile a dirsi, ma è vero) nei suoi confronti: riuscire a discutere di writing davanti a così tante persone è uno dei miei obiettivi. Lei per me è un esempio di come il duro lavoro e la qualità ripaghino.
🕵️ About Gian: “Ciao Gianluca!”
Scrivere questo mese della mia vita privata è molto difficile, ma ho deciso di portare avanti un progetto che comporta anche dover raccontare dei lati personali più intimi.
Il mio compleanno ed il mio viaggio per Valencia sono stati totalmente annullati per dare priorità a ciò che è più importante nella vita: la famiglia. Purtroppo nel giro di qualche giorno mia madre si è ammalata fino a dover esser ricoverata d’urgenza a causa di una sospetta polmonite. A distanza di tre settimane la diagnosi finale è quella di un linfoma: sarà una battaglia lunga e difficile in cui dovrò aiutarla. Questa cosa ha rallentato molto le mie attività, ma la mia è pur sempre una passione, può aspettare.
Ma basta negatività, parliamo di altro.
Sabato 8, approfittando del fatto che da Milano non mi potevo muovere, sono passato in Bovisa (quartiere che nasconde sempre un suo fascino) per l’inaugurazione del progetto BAU. Dopo un bel po’ ho rivisto Rancy e Sorte con cui starei ore a parlare. L’obiettivo è coinvolgerli a breve in un mio progetto, incrociamo le dita.
Sono passato rapidamente a vedere una piccola esposizione di opere realizzate da writer ed illustratori/illustratrici poco fuori Milano ed ho fatto due chiacchiere con Prosa, potersi confrontare con chi da anni si sporca le mani tra le vie di Milano è sempre una buona cosa.
Una cosa che mi ha piacevolmente colpito è stato il feedback che ho ricevuto su Instagram dopo aver condiviso una semplice foto in cui mostravo una piccola parte delle cartelle in cui ho suddiviso le mie foto. Persone di ogni tipo si sono complimentate con me per l’impegno, per la dedizione e soprattutto per la voglia. Sono piccole cose, ma sono quelle che mi danno la spinta per continuare a lavorare su questo progetto.
Non ho una vera e propria storia di disagio per questo mese… o forse sì. Io non so bene come succede, ma finisco sempre in situazioni grottesche. C’è stata la BIT a Milano e come alcun* di voi sapranno per anni ho lavorato nel mondo del travel blogging quindi conosco centinaia di blogger e tantissime figure tra agenzie ed enti. Per la prima volta ho incontrato l’ente del turismo Uruguayo. Per farla breve, dopo una chiacchierata con le ragazze dello stand, sono stato invitato a parlare con altra gente, e poi altra gente ancora, sempre più vecchia, che voleva ascoltare la mia storia.
“Tenés una historia única. Hay que contarla en todos lados”
Ho raccontato di quanto ho dipinto a Montevideo, di quando ho mangiato la carne arrostita su un carrello della spesa, di quanto hanno provato a rapinarmi e l’ho scampata dicendo che ero italiano e di altre cose che sono successe e sono state fatte per la città vecchia. Ho fatto le foto di rito e me ne sono andato.
Il giorno dopo ho scoperto di aver confessato tutto ciò al ministro del turismo uruguayo. Non voglio sapere altro.
Tornare a breve in Uruguay? Grazie, ma no grazie.
Ah.. e nota del 28/02, ho appena ricevuto l’ennesimo invito ad un evento che inizia con “Ciao Gianluca, piacere di conoscerti” - Amen.
Come sempre se vuoi fare due chiacchiere ed approfondire qualcosa fatti sentire,
G.
🗞️ Al di fuori di disagian
OUT OF THE WALL | Street art & Luxury - Editoriale Disagian
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Anche io la penso come te Gian, sono pienamente d'accordo.
A me succede spesso di non essere invitato ad eventi perché io come persona sono troppo "Real". E' un contro senso secondo me. Vogliono creare un ambiente street pagando un sacco di soldi, ma se Rupe gli tagga sulla vetrina lo denunciano invece di dire " Abbiamo una tag Real di Rupe sulla vetrina senza aver pagato". Articolo da Metallo e Cemento!
Sei bravissimo!!! Meriti tante soddisfazioni